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Aprile 08, 2009, 15:24:13 pm |
Utente standard, V12, 77625 posts |
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Vabbè, ho cercato io La situazione non sembra per niente buona http://altoadige.gelocal.it/dettaglio/speedline-dove-cerano-gli-operai-ora-ci-sono-le-ruspe/1600419/1Speedline, dove c'erano gli operai ora ci sono le ruspe di Gianfranco Piccoli
«Alla fine ci guadagneranno tutti. Tutti tranne i lavoratori, naturalmente». Una vita di battaglie si porta dietro cicatrici. Quella più grande, per Renzo Rampazzo, sindacalista della Fim-Cisl, si chiama Speedline.
Scherzi del destino: la finestra del suo ufficio, al quinto piano della sede della Cisl, punta proprio la fabbrica di via Volta. Ogni sguardo è una ferita che si riapre.
Nove anni fa la Speedline era una realtà produttiva con oltre 400 dipendenti e un fatturato (con lo stabilimento gemello di Tabina, in provincia di Venezia) da centinaia di milioni di euro. Il 31 gennaio scorso i trenta operai superstiti hanno timbrato il cartellino per l’ultima volta. Il 28 febbraio è scaduto il contratto d’affitto - 400 mila euro annui - tra la Podini Holding, attuale proprietario di terreno e immobili, e il gruppo Mazzucconi, che ha trasferito tutta la filiera produttiva.
Adesso c’è spazio solo per le ruspe: via i macchinari, poi partirà la demolizione degli immobili.
«Che succederà? E’ chiaro: finirà tutto in mano alla Provincia», commenta amaro Rampazzo, che al Governo locale contesta di aver abbandonato l’azienda e soprattutto i lavoratori. I contatti tra la proprietà e il Bls, Business Location Südtirol, sono avviati da tempo. Per Rampazzo il finale è scritto dal giorno in cui, da una verifica all’ufficio tavolare, scoprì che, mentre la proprietà parlava ancora di futuro e la politica proclamava («ma solo a chiacchiere») soluzioni per salvare i posti di lavoro, l’immobile era già venduto da mesi (9,8 milioni di euro) alla Podini Holding.
La Speedline è una fabbrica morta, dal capannone non si sentiranno più i rumori della macchine, ma Rampazzo è pronto a portare avanti l’ultima battaglia: «Lo sanno tutti, sotto quei terreni sono stati scaricati per anni i resti della lavorazione dell’alluminio. A pagare la bonifica - tuona il sindacalista - deve essere la proprietà, non importa se l’attuale o quelle precedenti. Non accetteremo che il costo ricada sulle tasche dei contribuenti. Siamo pronti a rivolgerci alla magistratura».
La nascita della Speedline (1987) è stata un’abile operazione industriale. La Aluminia iniziava a scricchiolare e si decise così di destinare un pezzo di fabbrica ad una nuova realtà, la Speedline appunto, per la produzione di cerchi in lega per automobili.
Si fece avanti l’armatore veneziano Zacchello: «Partirono con 20-30 dipendenti - spiega Rampazzo - ma a metà degli anni Novanta si è arrivati a 460 lavoratori ed ad una produzione annua di 1,2 milioni di pezzi». Di fatto, dopo Iveco e Acciaierie, la Speedline diventa, in termini occupazionali, la terzà realtà cittadina. L’azienda cresce, si trasforma e punta anche sui cerchi per camion, che hanno un valore aggiunto superiore rispetto a quelli per le automobili. Nel 1997 il primo passaggio di proprietà. Arriva la multinazionale Usa Amcast, il cui core business è l’alluminio. Il colosso americano parte col piede giusto: «Avevano puntato tutto sulla qualità, uno dei punti deboli della Speedline a causa soprattutto dell’elevato turn over del personale».
Inizia, però, anche la crisi: «Le fluttuazioni del prezzo dell’a lluminio, la diffusione dei cerchi in lega e soprattutto la concorrenza delle aziende dell’Est, che puntavano sul basso costo della manodopera, hanno portato l’azienda ad un passo dal fallimento», spiega il sindacalista della Cisl. Nel 2003, con un accordo sottoscritto al Ministero del Lavoro, subentra il gruppo bergamasco Mazzucconi. Il piano di rilancio è sontuoso: arrivare a cinque milioni di pezzi prodotti all’anno in tre stabilimenti, quelli di Bolzano e Tabina, e il nuovo impianto di Trapani.
«Tutto questo è rimasto lettera morta», afferma Rampazzo. Non solo il rilancio non c’è, ma nel 2005 la proprietà annuncia di voler trasferire a Tabina tutta la produzione di cerchi per auto, che rappresenta l’85% dell’attività di via Volta. Significa tagliare l’o ccupazione di due terzi. I sindacati chiedono rassicurazioni e si arriva ad un accordo che vede l’intervento della Provincia, pronta a finanziare un centro di ricerca ad hoc.
Nella realtà non accade nulla. «Sentivamo aria di bluff: abbiamo bussato alle porte degli allora assessore Gnecchi (lavoro) e Frick (industria), ma sono stati viaggi a vuoto», dice Rampazzo. L’8 maggio del 2006 c’è la grande manifestazione davanti alla sede della Provincia, l’assessore Gnecchi promette di incontrare la proprietà della Speedline a breve.
Quello che accade pochi giorni più tardi, però, sa di beffa. Una verifica all’ufficio tavolare permette di scoprire che terreno e immobili della Speedline sono già stati venduti per 9,8 milioni alla Dante Bau: «Gnecchi e Frick ci dissero di essere all’oscuro di tutta l’operazione: o c’è stata malafede o incompetenza», è la dura sentenza del sindacalista. E’ l’inizio di un’agonia che sembra non finire mai.
Perchè lasciare andare alla deriva una fabbrica storica e oltre 400 lavoratori? E’ la domanda che tormenta Rampazzo. Che non si stupisce tanto delle speculazioni immobiliari (nel rispetto della legge) che ruotano attorno alla Speedline, quanto l’assenza della politica provinciale. Nascono pensieri cattivi. C’è il sospetto, denunciato a gran voce, che gran parte dei lavoratori abbiano il «torto» di chiamarsi Ahmed o Ibrahim e non Antonio o Giuseppe. E non importa se queste persone vivono in Alto Adige da molti anni: «Il 75% dei dipendenti della Speedline erano stranieri. Vi dice qualcosa questo?».
Una quarantina di lavoratori, grazie ai corsi di formazione, si sono riciclati come autisti. Qualcuno è tornato nel paese d’o rigine. Gli altri, in qualche modo, si sono arrangiati. Anche i sindacati sono usciti con le ossa rotte: il fronte si è spaccato (Cisl da una parte, Cgil e UIl dall’altra) sulla gestione dei rapporti con i Mazzucconi quando si è trattato di trovare un accordo sugli ultimi mesi (poi diventati anni) di vita della fabbrica.
L’unico dato certo, secondo Rampazzo, è che da parte del governo provinciale è mancata la volontà di salvare la Speedline: «Quando le Acciaierie passarono dalle mani del gruppo Falck agli Amenduni, nel 1995, la Provincia sborsò 64 miliardi di vecchie lire per acquisire i terreni. Per la fabbrica di via Volta, terza risorsa occupazionale della città, non si è visto un centesimo. C’era anche una fabbrica di carri ponte, la Nexion di Correggio, disposta a subentrare, ma ha trovato porte chiuse».
Morale? «La Provincia non vuole più insediamenti produttivi in quell’area, questa è la verità. Costi quel che costi, anche il lavoro di centinaia di persone. Sarà la Provincia ad acquistare il terreno, non ho dubbi». E lo pagherà ben più dei 9,8 milioni sborsati da Podini. (06 marzo 2009)
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Loggato
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&re@ |
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Aprile 08, 2009, 15:32:21 pm |
Utente standard, V12, 77625 posts |
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Loggato
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stella |
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Aprile 08, 2009, 15:47:51 pm |
Visitatore, , posts |
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Ma non capisco, fanno i lega per tutte le marche (vedi Audi, BMW, M.B., Porsche, ecc. ecc...), e chiude pure? MAH?!
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Loggato
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MRC |
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Aprile 08, 2009, 15:52:41 pm |
Utente standard, V12, 19993 posts |
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mi sembra di aver capito che hanno delocalizzato, non chiuso
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TonyH |
I'm the face of terror. Terrier Terror. |
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Aprile 08, 2009, 15:55:12 pm |
Staff, V12, 28736 posts |
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magari hanno stabilimenti in Cina....
Sarà così, mi ci gioco le mutande. Spero che facciano solo forgiati e non pressofusi però....sennò...aiuto!
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your honor student is merely a pawn in my westie's diabolical world domination plot!
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SUBARUAIMONT |
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Aprile 08, 2009, 22:33:23 pm |
Utente standard, V12, 18123 posts |
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E poi le aziende chiedono aiuti statali. Gli aiuti vanno solo a chi produce in loco (nel nostro caso Italia) e non all'estero oppure chiudi all'estero e ti diamo l'aiuto, ma dare soldi per investimenti che vanno all'estero è una truffa legalizzata nei confronti di noi contribuenti.
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La cosa più bella che può fare un uomo vestito è guidare di traverso (Miky Biasion)
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TonyH |
I'm the face of terror. Terrier Terror. |
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Aprile 09, 2009, 15:36:23 pm |
Staff, V12, 28736 posts |
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Non so se risulta anche a voi, ma chi cerca di chiudere in Cina, per effetto della crisi, e vuole tornare in Italia con una produzione ridotta, magari anche di qualità maggiore, il governo cinese gli sequestra tutti macchinari! Avete sentito nulla? Non mi stupisco. Molti occidentali sono andati in Cina con il fare da colonialista dell'800, ci mancava solo la tenuta kaki.... E si stanno prendendo tante di quelle mazzate da tornarsene con le ossa rotte. Ricatti, qualità a volte infime, non gestibilità, scopiazzature senza ritegno e pudore. Un fallimento su quasi tutta la linea.
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your honor student is merely a pawn in my westie's diabolical world domination plot!
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stella |
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Aprile 09, 2009, 15:48:03 pm |
Visitatore, , posts |
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E si stanno prendendo tante di quelle mazzate da tornarsene con le ossa rotte. Ricatti, qualità a volte infime, non gestibilità, scopiazzature senza ritegno e pudore. Un fallimento su quasi tutta la linea.
Tanto i soldoni li hanno già fatti dopo tanti anni di sfruttamento della gente cinese col compiacimento del governo dittatore... Se poi adesso chiudono, capirai che malanni, dopo milioni di euro intascati nel frattempo.
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Loggato
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