Posso fare solo piccoli esempi, quindi parziali del problema. Qui nella provincia di Latina, un tempo florida, con tassi di occupaione elevatissimi, assistiamo ad un aumento della disoccupazione impressionante. Le industrie principali, ad oggi, sono del comparto chimico, in particolare farmaceutico (Bristol Meyers, Pfizer, Jahnsen, Recordati, ecc.) con altre fabbriche importanti a livello mondiale (Marconi- elettronica, AvioInteriors- accessori per Aerei, ecc.), con industrie casearie (Pettinicchio, Francia) e altre produzioni (vetro, idrosanitari, alimentari, Plasmon, Palmolive e altre ancora). Il problema comune, per le aziende chimiche, sono le produzioni cinesi ed indiane: grazie ai bassi costi di produzione hanno ammazzato il mercato internazionale dei prodotti italiani ed europei. Un piccolo esempio raccontatomi da un altro sindacalista: una industria chimica della zona, molto importante, produceva un prodotto di base ad un prezzo X allineato a quelli del mercato, con profitto per l'azienda, tranquillità dei dipendenti, con un buon indotto per tutta la zona. Sul mercato, si presenta una nuova azienda, cinese, che offre lo stesso prodotto ad un prezzo dimezzato. Ad un conseguente crollo del prezzo, l'azienda italiana si vede costretta a sospendere la produzione del proprio prodotto, e inizia ad acquistarlo dalla società cinese, "depurarlo" (in pratica travasa il prodotto nelle proprie confezioni) e rivenderlo alle fabbriche farmaceutiche con il proprio marchio, ad un prezzo inferiore di quello prodotto in loco. Fino a quando qualcuno, analizzando il prodotto, vede che è esattamente lo stesso dei cinesi. A questo punto, anche quel minimo guadagno che si riusciva a spuntare, viene meno. La linea viene definitivamente smantellata, con gli operai del reparto assorbiti da altre linee, anche con una certa sofferenza sia dell'azienda sia del personale. Purtroppo sul mercato si affacciano anche altri prodotti chimici cinesi ed indiani, che piano piano stanno mettendo in crisi le altre linee. Quando il mercato sarà invaso da tutta una serie di prodotti a basso costo, questa e altre aziende saranno costrette a chiudere. Questo malgrado l'impegno della dirigenza e del personale, che già oggi ha dovuto ridimensionare le proprie aspettative per il futuro ed il presente. Cosa diversa è successa ad una nota fabbrica di pneumatici, che dopo anni di produione in Italia, ha deciso di chiudere il proprio stabilimento dopo aver preso tutti gli incentivi dallo Stato Italiano, dopo aver fatto finta di trattare per continuare la produzione. Il risultato? Hanno lasciato un sito pieno di amianto, centinaia di lavoratori altamente professionali senza un lavoro, con denunce per malattie professionali (forse per l'amianto, forse per il tipo di lavorazione, molti ex dipendenti hanno un tumore, qualcuno purtroppo già passato a miglior vita): per questo comportamento, io non monterò mai gomme di quella marca, e con me centinaia di persone qui in zona fanno lo stesso. Anche le industrie che non hanno mai avuto problemi, incominciano a scricchiolare, con lavoratori in mobilità e in cassa integrazione. Ora, come sindacalista (ma sono solo un revisore dei conti provinciale), sono molto preoccupato. Il nostro Segretario Provinciale sta facendo di tutto per cercare di non far chiudere le industrie della nostra ona, ma è una battaglia contro i mulini a vento, perchè la causa di questa sofferenza non è solo di dirigenti egoisti o di operai non produttivi, ma è anche a causa delle autorità locali e statali, che forse non si rendono conto abbastanza della gravità della situazione. Il mercato libero inteso in questo modo non è sostenibile da nessuna società europea, nemmeno dalla Germania e dalla Francia, che pure sono più forti di noi. E' un mercato senza regole, fatto per gli speculatori, dagli appoggi politici, dalle multinazionali che non hanno problemi ad aprire una fabbrica in paesi sottosviluppati e chiudere interi siti industriali in Europa, perchè i proprietari delle industrie europee sono gli stessi delle industrie cinesi o indiani. Mettetevi nei loro panni: ma se io dovessi costruire una fabbrica, la farei in Italia, o in Moldavia? In Italia: leggi sull'ambiente, infrastrutture complicate e onerose da realizzare, costo della mano d'opera superiore, sindacati, ENERGIA ELETTRICA PIU' CARA DI TUTTA EUROPA, complicazioni con gli enti locali, tasse; in Moldavia: leggi ambientali praticamente inesistenti, possibilità di creare delle infrastrutture senza troppe complicazioni e a costi inferiori, mano d'opera abbondante a basso costo, sena difese sindacali, energia elettrica prodotta sul posto ad un costo inferiore, politici e amministratori facilmente XXXXXXXXXX (con tutto il rispetto), tasse non soffocanti. Io verrei in Italia solo per le vacanze, purtroppo. E' un discorso che devo continuare, ora vado a prendere mia figlia, ci sentiamo dopo.
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