Il nostro è il Paese più pericoloso, ma la situazione è grave in tutta Europa. Così gli spagnoli si apprestano a lanciare una vera rivoluzione: vietare le maxi per 6 anni dopo aver preso la patente A Due ruote, allarme rosso: Record di incidenti in Italia di VINCENZO BORGOMEO
La situazione precipità: si sa da tempo che moto e scooter sono il vero anello debole della sicurezza stradale, ma gli ultimi dati sono sempre più preoccupanti. con un parco pari al 20% di mezzi e una mobilità corrispondente appena al 3,5% del totale, in Italia si conta il 26% delle vittime fra moto e ciclomotori, con punte del 50/60% nei fine settimana. E, soprattutto, di questo passo entro il 2010 il 40% del totale delle vittime sarà dovuto agli utenti delle due ruote.
L'Italia è la nazione europea dove è più pericoloso viaggiare su due ruote, ma ovunque la situazione è ritenuta piuttosto grave e - di conseguenza - si cercano nuove idee. L'ultima arriva dalla Spagna dove si è scoperto che il 28% dei motociclisti coinvolti in incidenti ha la patente da meno di 3 anni. Così al ministero dei trasporti hanno deciso di riformare profondamente la patente "A": niente maxi-cilindrate fino a 24 anni.
"In Spagna - spiegano all'Asaps, associazione amici polizia stradale - tutto è cominciato analizzando in tempo reale i dati dell'incidentalità iberica: nei primi 6 mesi del 2007, i motociclisti uccisi sono risultati essere 244, 53 in più rispetto allo stesso periodo del 2006, con un aumento del 28%. Lo scorso 11 settembre, pochi giorni prima di diffondere l'analisi statistica appena elaborata, il bollettino è stato aggiornato e le vittime delle due ruote sono divenute 390. Agosto ha segnato un aumento del 50% rispetto al mese precedente: una follia".
Così gli esperti della DGT, la Direzione Generale del Traffico sono arrivati a proporre una vera rivoluzione: un diciottenne, per salire su una mille, dovrà aspettare almeno 6 anni, nei quali la sua esperienza potrà maturare gradualmente.
D'altra parte in Spagna per la moto è boom: sarà per le gesta di Daniel Pedrosa e di altri poloti nel motomondiale, sarà per la crescita economica del paese, fatto sta che nel triennio 2004/2006, sono state commercializzate più moto che nel decennio 1994/2003.
"Ci sono più moto sulla strada - dice infatti Anna Ferrer, direttrice dell'osservatorio della DGT - e può sembrare un'ovvietà spiegare che l'incremento degli eventi è correlato all'aumento del parco motociclistico. Tutti sappiamo, però, che anche il numero di auto è aumentato, ma le cifre relative alle quattro ruote sono in netto e costante calo".
I progressi tecnici ed i miglioramenti apportati alle automobili, in termini di sicurezza attiva e passiva, sono stati indubbiamente di grande efficacia sul fronte della sinistrosità. Secondo la DGT, anche il settore dei motoveicoli dovrà seguire la stessa strada. I dati statistici della strada rilevati nel corso dell'estate, oggetto di studio dell'osservatorio governativo, hanno però indicato che, da marzo in poi, le punte di maggior violenza stradale sono concentrate nel fine settimana, con una vera e propria carneficina tra i conducenti di moto di grossa cilindrata. Un fenomeno analogo si verifica anche in Italia.
L'analisi di questi risultati è coincisa con un altro studio realizzato dalla stessa DGT, riguardante le conseguenze di una nuova legge entrata in vigore nel 2004, che ha previsto per la conduzione di motoveicoli di cilindrata compresa tra i 76 ed i 125cc, (usati soprattutto negli spostamenti cittadini), la patente di guida.
Il team di esperti era dunque ben preparato a passare al setaccio il dossier relativo ai 2.767 gravissimi incidenti motociclistici. L'88% di quelli mortali hanno visto coinvolte moto di cilindrata superiore ai 500cc; di queste, il 36,3% ha una cilindrata superiore ai tre quarti di litro.
Di conseguenza la Direzione Generale del Traffico ha chiesto formalmente alle associazioni di motociclisti se ritengano ragionevole l'alta potenza di alcuni esemplari, mentre è imminente la definizione di un piano particolareggiato delle deficienze strutturali, in maniera tale da affrontare il problema sicurezza nella sua complessità. In Italia, un ente con questi poteri è solo un miraggio...
E da noi gli incidenti delle due ruote crescono sempre. l'Italia nel 1994 era al 3° posto come numero di vittime in Europa (19% del totale), dal 2003 è al primo posto con 1.441 vittime (24%), che diventano 1.474 nel 2004 (26%) e 1.404 nel 2005 (26%). Si calcola che con l'attuale trend nel 2010 le vittime in incidenti con veicoli a 2 ruote toccheranno quota 30% in Europa (dati Consulta Nazionale per la sicurezza stradale).
Gli incidenti a carico delle due ruote a motore si localizzano in prevalenza nelle aree urbane col 52% dei morti e l'88% dei feriti.
"Le cause di questa situazione - spiega Giordano Biserbi, presidente dell'Associazione Amici Polizia Stradale - sono note. Un parco mezzi in espansione, un ritorno alle due ruote di conducenti non più giovanissimi per esigenze di mobilità nelle grandi città, potenza esagerata della classe motocicli (molti modelli arrivano a 130 km/h in prima marcia, vanno da 0 a 100 in 3 secondi, raggiongono velocità di 270/300 km/h), infrastrutture stradali che per la loro scarsa manutenzione, (in particolare del fondo stradale e per i taglienti guard rail nelle vie di fuga) e carenza nella segnaletica, non permettono errori che spesso si rivelano fatali".
In sostanza, come afferma la Consulta Nazionale per la sicurezza stradale, "il comparto delle due ruote a motore si è dimostrato scarsamente reattivo a politiche generali di sicurezza stradale", a questo si devono aggiungere la distrazione (cellulari, età, ecc.) e la superficialità di molti automobilisti.
Una cosa è certa, la strage stradale nel segmento delle due ruote deve essere fermata. (26 settembre 2007, repubblica.it)
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