Sempre dal sito di Elaborare..
I dischi freno PCCB sono diventati ormai una realtà, almeno per le Porsche più potenti del lotto.
Al Motor Show di Bologna rimasi incantato a guardarli, anzi a guardarle! I dischi freno PCCB facevano capolino dalle 5 razze del cerchio di una splendida Carrera GT esposta nello stand Porsche, un "animale" da 558 cavalli e 330 km/h, capace di raggiungere i 100 km/h in soli 4 secondi…
Ad ogni modo la "curiosità tecnica" ha calamitato la mia attenzione e non ho resistito alla tentazione di scattare qualche foto. I dischi PCCB (Porsche Ceramic Composite Brake) sono molto simili ai performanti dischi in carbonio della Formula Uno anzi, sono una loro evoluzione! Questi ultimi infatti non possono trovare una applicazione "stradale" anche perché alle basse temperature non risultano abbastanza efficienti. Alle alte temperature invece (oltre i 200 °C) offrono prestazioni decisamente eccezionali con un coefficiente di attrito di 0,6 (le normali vetture si attestano sullo 0,35!). Tanto per darvi un'idea, una vettura di F1 che viaggia a 100 km/h si arresta (con picchi di decelerazione di 5g!) in meno di 18 metri contro i 40 o più di una vettura di serie.
Ho parlato di "evoluzione" del disco in carbonio perché in effetti anch'essi lo sono, cioè vengono realizzati in maniera analoga ma subiscono in seguito una serie di trattamenti che li rendono ancora più "esclusivi".
Il disco di base si ottiene pressando una miscela di fibre di carbonio in uno stampo (a pressione e temperatura controllate). Il pezzo ricavato al termine di questa fase è già dotato di fori radiali per lo smaltimento del calore impressi dall'impronta dello stampo, però non può essere ancora sagomato a dovere in modo che possa essere accoppiato al mozzo. Il disco grezzo subisce quindi la carbonizzazione in forno a quasi 1000 gradi (in presenza di azoto) e la lavorazione che trasforma le sue sembianze nel prodotto finito. In questa fase si opera anche la fitta foratura sulla superficie frenante, tracciando un disegno a mo' di baffatura. Anche se l'aspetto è quello definitivo, in pratica sarebbe già perfetto per la Formula 1, manca il passaggio più importante, cioè l'applicazione del silicio! Vengono dunque "riscaldati" per la terza volta (ma alla temperatura di oltre 1.420 °C!); a questa temperatura il silicio diventa liquido e viene assorbito dal disco di carbonio precedentemente forato, come da una spugna.
Il componente a questo punto è finito… basta dotarlo del mozzo d'acciaio inossidabile che permetterà di vincolarlo alla ruota. Il trucco della tecnologia PCCB dov'è? Nel bagno di silicio! Quest'ultimo conferisce al disco in carbonio caratteristiche eccezionali (oltre a quelle che già possiede come la leggerezza e la possibilità di lavorare in presenza di elevate temperature), cioè permette di essere efficientissimo anche a basse temperature (l'unico vero limite del carbonio) e di renderne la vita eterna o quasi (la durata è stimata in 300.000 km!). Insomma, l'uovo di Colombo in questo caso è la polvere di silicio, quella che siamo abituati ormai a vedere nelle leghe d'alluminio per svariate applicazioni (compresa quella per i freni della Elise che aveva messo a punto la Lotus qualche anno fa).
Volete anche sapere il costo di un impianto frenante PCCB? Quasi venti milioni! D'altro canto l'intero processo di produzione dura più di una giornata intera, contro le poche ore necessarie per realizzare i classici dischi in ghisa grigia! Per di più quello in "ceramica", secondo fonti Porsche, presenta una durezza incredibile, quasi comparabile a quella del diamante!?!
Per il disco in "carbofibra" e carburo di silicio è fondamentale sia la corretta scelta delle fibre di carbonio, sia il loro trattamento a monte. Infatti la cottura nel forno sotto vuoto spinto, necessaria per la carbonizzazione e la silicizzazione, richiede una grande competenza ed un estrema cura nella realizzazione. La Porsche, per queste delicate operazioni, ha scelto un fornitore tedesco che vanta un'esperienza di oltre cent'anni nel campo dei materiali e processi ad alta temperatura: la SGL Carbon di Meitingen in provincia di Augusta.
Peculiarità del PCCB
Gli oltre 19 milioni di lire (come optional a pagamento) potrebbero sembrare tanti, ma sappiate che la tecnologia PCCB è stata pensata per equipaggiare le supercar Porsche, prima tra tutte la 911 Turbo, che costa quasi 250 milioni e porta al galoppo ben 420 cavalli. Dunque, a conti fatti non costa nemmeno cara, almeno in proporzione… visti i vantaggi che offre.
Malgrado i primati assoluti nella disciplina di decelerazione, raggiunti dagli impianti frenanti Porsche con tradizionali dischi metallici di ghisa grigia, l'impiego dell'innovativo materiale migliora l'efficienza del sistema in molti punti definendo anche nuovi riferimenti in questo campo. Ciò vale per criteri fondamentali, ad esempio la prontezza di risposta su fondi asciutti e bagnati, la stabilità al fading, il peso e la durata. Anche in tema di riduzione della distanza di frenata il PCCB sarà un nuovo punto di riferimento.
Il Porsche Ceramic Composite Brake potrà tuttavia sfruttare pienamente il suo potenziale di riduzione dello spazio di frenata soltanto quando saranno disponibili nuove mescole e un sistema ABS di nuova taratura.
Gli esperti immaginano un futuro di successo per il Porsche Ceramic Composite Brake. Infatti, oltre ai pregi sopracitati, il sistema può essere montato come accessorio anche dopo l'acquisto della vettura senza alcun problema. L'officina deve soltanto sostituire i dischi, le pinze e le pastiglie. Non sono necessari interventi di modifica al cilindro maestro, al booster oppure ad altri componenti del sistema di azionamento dei freni.
Il PCCB assicura una progressività sensibilmente migliore e coefficienti di attrito superiori. All'inizio della frenata il coefficiente medio di attrito è di oltre 0,5. Rispetto al disco in ghisa grigia il miglioramento medio è pari al 25 percento circa, ma in caso di emergenza, si hanno netti vantaggi: non richiede né un maggiore sforzo sul pedale, né sistemi ausiliari per generare la forza frenante massima ad ambedue gli assali. Si ha in pratica l'immediata decelerazione massima. In questo modo è eliminato un pericolo al quale sono esposti molti automobilisti in situazioni di emergenza con vetture che hanno dischi convenzionali in ghisa grigia. Iniziano infatti la frenata esercitando un grande sforzo sul pedale. Quando però si fa sentire l'intervento regolante dell'ABS, riducono la pressione sul pedale perché pensano di aver già raggiunto lo sforzo massimo. In verità "sprecano" metri importanti di frenata, perché in quell'istante l'ABS agisce quasi esclusivamente sull'asse anteriore.
La temperatura di esercizio, determinante per lo spazio di frenata con dischi metallici, è invece secondaria per il nuovo sistema. Il pattino frenante e il disco PCCB non esprimono mai bassi coefficienti in attrito, né quando sono freddi né quando sono caldi: il livello è costantemente elevato. Nel temuto "Porsche fading test" (che prescrive 25 frenate immediatamente consecutive con una decelerazione di 8 m/s2), il coefficiente di attrito medio si è assestato a circa 0,45 dopo l'undicesima frenata. Ciò evita le spiacevoli sorprese riservate di norma al guidatore che frena da alta velocità: inizialmente l'impianto sembra agire con vigore ma poi si scalda e l'attrito inevitabilmente scende! Tutto ciò può essere compensato unicamente aumentando lo sforzo sul pedale.
In condizioni limite il disco di ceramica Porsche reagisce con temperature fino a 800 gradi Celsius senza problemi. Il disco in ghisa grigia invece tende alla dilatazione termica con conseguente ondulatura superficiale. In tal caso le pastiglie non hanno più una perfetta aderenza al disco e pertanto si verifica il fenomeno di sfregamento che provoca la pulsazione del sistema idraulico (eccitando l'asse anteriore e causando vibrazioni torsionali al volante).
A causa della temperatura maggiore del disco ceramico (dovuta alla minore capacità termica), il calore continuerebbe a crescere superando il campo critico dei sensori ABS e del liquido freni. Per questa ragione i freni risultano "raffreddati" internamente per mezzo dei canali a evolvente ed è presente inoltre la foratura superficiale che accelera lo smaltimento del calore. Per essere sicuri che le elevate temperature non vengano trasmesse al liquido freni, è stato sviluppato inoltre un innovativo sistema di isolamento a forma di scudo termico tra pastiglia e pistoncino. Si tratta di un piccolo componente in ceramica il cui fattore di coibentazione supera di 2,5 volte quello del titanio usato per i freni della Formula 1.
La pinza corrisponde al collaudato sistema monoblocco in alluminio con pastiglie appoggiate su perni per prevenire la corrosione e ha tubi di collegamento esterni per migliorare il raffreddamento del liquido freni… Per le ruote anteriori sono state impiegate pinze a sei pistoncini, mentre al retrotreno ce ne sono "solo" quattro. Naturalmente il loro diametro risulta differenziato per compensare il consumo "obliquo" delle pastiglia.
La superficie d'attrito perforata inoltre offre un'eccellente progressività "a umido" che supera i valori raggiungibili con dischi in ghisa grigia. Ciò è dovuto sia alle innovative pastiglie in fibra organica composita, meno igroscopica a causa della sua maggiore densità, sia (e soprattutto) alla foratura. È noto che una frenata in presenza di bagnato genera l'evaporazione di acqua tra disco e pastiglia. Tra questi due componenti si forma un cuscino di vapore acqueo che impedisce una solida presa. Il problema si elimina proprio con l'aiuto del disco forato (che in questo caso però è di ceramica) che elimina rapidamente il vapore acqueo, per cui i pistoncini possono trasmettere tutta la forza delle pastiglie al disco.
La riduzione di peso si fa sentire molto, pur essendo il diametro del disco di ceramica della 911 Turbo maggiore di quello del disco in ghisa grigia (cresce infatti dai 330 millimetri ai 350 mm). La minore densità della ceramica infatti, riduce il peso del disco del 50 % circa, corrispondente ad un alleggerimento di 16,5 chilogrammi (importantissimo ai fini della riduzione delle masse non sospese).
Conclusioni
Forse tanta tecnologia potrebbe sembrare ingiustificata alla luce delle velocità massime imposte dal codice… ma di queste vetture spesso se ne fa un impiego agonistico. Ad ogni modo: prontezza di risposta soprattutto ad alta velocità, massima efficienza sia dopo sforzi prolungati sia a freddo ed ottima risposta sul bagnato non sono certo poca cosa! Comunque, se non disponete di una supercar, rassegnatevi! Non solo per il prezzo d'acquisto del PCCB, ma perché questo tipo di processi tecnologici non si prestano ad industrializzazioni di massa e quindi non si tratta di aspettare solo qualche anno (come è stato per l'ABS) per poter godere dei vantaggi inizialmente destinati a pochi fortunati.
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